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Psicologo o Neurologo? Facciamo un po’ di chiarezza.

 

Facciamo un po’ di cultura psicologica e proviamo a chiarire la distinzione col Neurologo, perché nelle zone del Sud Italia in cui opero, c’è la tendenza delle persone che si autodefiniscono ‘nervose’ ad andare dal neurologo piuttosto che dallo psicologo. Come mai succede questo? In parte bisogna fare un ‘mea culpa’ e chiarire cosa fa lo psicologo.

 

immagini prese dal web
Un caso clinico.

Recentemente mi ha consultato una persona preoccupata per un suo familiare, un signore di 64 anni con dei notevoli problemi di memoria, in particolare per i fatti recenti (ad esempio dimenticava gli appuntamenti), fino a perdersi perché non ricordava la strada per tornare a casa. Queste amnesie hanno cominciato a creargli seri problemi sul lavoro e, come se non bastasse, ha cominciato ad avere uno strano comportamento con i familiari, rispetto ai quali esprime strane idee e sospetti (?!)…  La prima ipotesi diagnostica che ne ho tratto è stata un Disturbo neurodegenerativo (in particolare sospetto l’Alzheimer) per cui gli ho dato il numero del Collega neurologo, col quale collaboro, al fine di verificare questa possibilità.

Vi ho portato questo esempio clinico per mostrarvi un ‘tipico’ paziente da neurologo. Sono molti i problemi trattati da questo professionista, si pensi alle epilessie, al Parkinson e in generale a tutti i problemi in cui c’è una degenerazione organica del cervello e del sistema nervoso. In questi casi lo psicologo supporta la terapia del neurologo per il paziente e soprattutto lo psicologo lavora per aiutare i familiari che assistono gli ammalati (caregiver).

Il problema neurologico, la danno organico cerebrale, necessita del neurologo, e sarebbe criminale da parte dello psicologo omettere il collega e lavorare su ‘ciò che ha in mano con il cliente’. Viceversa il problema psicologico necessita dello psicologo: è inutile girarci tanto intorno!

Sarà quindi il caso di definire il problema psicologico in un modo abbastanza soddisfacente[1].

 

Definizione del Problema psicologico.

La Persona non il problema. Il Problema è il problema.

M. White

 

Un problema psicologico innanzitutto si manifesta con una serie di sintomi psicologici, tipo l’ansia, problemi di umore (depressione o sovreccitazione), comportamenti (apparentemente) strani, anche problemi di memoria e molto spesso paura …

Ritengo importante contrastare due attuali tendenze, opposte ed estreme: da un lato sento spesso questo mantra che “dallo psicologo non ci va chi è pazzo”. Talvolta si usano terminologie incentrate troppo sulla positività e sul benessere,  che servono a sminuire chissà quali paure. E’ vero che lo psicologo si occupa di benessere, però non ha senso nascondersi dietro ‘la classica foglia di fico’: infatti non è che dallo psicologo ci va chi sta bene, anche perché se una persona senza problemi va a spendere soldi da un professionista, forse qualche ‘rotella fuori posto’ c’è l’ha davvero![2]

All’altro estremo ci sono quelli che ti mettono un’angoscia insostenibile addosso, che se uno già ha un problema glielo fanno sembrare ancora più grave.

Questa è un po’ la tendenza dei colleghi che amano, forse un po’ troppo, le diagnosi. Esempio: se una persona sta ‘scioccata’ dopo un incidente, stanno lì a sciorinargli tutti i sintomi, le statistiche e via dicendo del PTDS (disturbo post-traumatico da stress).

Come in ogni cosa ci vuole equilibrio! E’ mia convinzione che il benessere è una condizione di equilibrio:

  • equilibrio nelle relazioni, fra il legame e l’indipendenza;

  • equilibrio nei comportamenti, non troppo legati alle situazioni e alle esperienze passate ma nemmeno fuori dalla realtà o da ogni apprendimento;

  • equilibrio nei pensieri, fra concretezza e fantasia;

  • equilibrio anche fra i propri i istinti, pulsioni, desideri e il rispetto degli altri.

Come vedete c’è un contatto, una relazione, fra il mondo privato di una persona (i propri pensieri, la propria indipendenza, etc.) e un ambiente (la realtà, il legame reciproco, etc.).

Ogni persona ha le proprie risorse e le proprie problematiche e lo stesso vale per ogni ambiente. In una relazione ‘sfortunata’ fra problematiche della persona e dell’ambiente, nasce il problema psicologico: che quindi è un problema di relazione. Per cui, voglio dirlo chiaramente: l’intervento psicologico mira ad un cambiamento di questa relazione, agendo su uno dei fattori in gioco (la persona o l’ambiente) o molto probabilmente su entrambi:

  • si potranno stimolare le risorse della persona per aiutarla a superare le proprie criticità (questo ad esempio avviene con interventi psicologici di Terapia Centrata sulla Soluzione o Terapia Narrativa);

  • si potranno modificare alcuni vincoli nell’ambiente (pensiamo all’intervento degli psicologi Sistemico-Familiari, che aiutano a migliorare le relazioni in una famiglia);

  • se il caso è proprio sfortunato si potrebbero anche recidere i legami fra la persona e un ambiente (si pensi ai casi di tossicodipendenti che vengono trattati in comunità per allontanarli dai luoghi in cui possono perpetrare la loro dipendenza).

Spero di aver fatto almeno un po’ di chiarezza. Se supponete di avere un problema relazionale, fra voi stessi e quelli che vi stanno intorno, se pensate di avere ansia, paura, depressione, comportamenti e idee strane rivolgetevi a uno psicologo; anche perché se avete un problema neurologico state ben sicuri che sarete ben indirizzati. Allo stesso modo se andate da un neurologo onesto, ma avete un problema psicologico, questi vi invierà dallo psicologo.

 

Conclusioni.

L’uomo civile ha barattato una parte della sua felicità per un po’ di sicurezza.

S.Freud

 

Nella mia esperienza posso dire che le persone a qualche livello, inconscio se volete, intuiscono che il percorso psicologico comporta un certo impegno, una certa fatica e molte preferiscono la ‘pillola magica’: si va dal neurologo, che per tamponare prescrive l’ansiolitico (magari consigliando anche il percorso psicologico) ma poi la persona preferisce prendere ‘le gocce’ ogni volta che è assalita dall’ansia.

L’ansia, come sintomo psicologico, nasce ogni volta che c’è il contatto sfortunato fra la persona e l’ambiente, quindi se non si andrà ad incidere sulle cause ci si dovrà ‘stordire’ tutte le volte che l’incontro accade, con gli psicofarmaci.

Ad esempio se una donna ha problemi con la suocera, dovrà riempirsi di gocce ad ogni Vigilia di Natale in cui sarà costretta a fare buon viso a cattivo gioco. Questo comportamento è molto simile a quello degli alcolisti che affogano i loro problemi nell’alcol.

Ma quell’ansia cosa voleva segnalare? Era tanto sbagliata? Oppure è tanto impossibile ristabilire un buon rapporto col proprio ambiente? La mia risposta, in qualità di psicologo è: NON PUOI OTTENERE MAGICAMENTE LA FELICITA’ MA SE TI IMPEGNI PUOI STARE BENE!

In questo senso lo psicologo lavora sul ben-essere, aggiungerei, in relazione col mondo.

Bibliografia.

APA, DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, (2014).

Freud S. (1929). Il disagio della civilità.

White M. (2006). Maps of narrative practice.

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